Altri istituti


PATTI PARASOCIALI

Per patto parasociale si intende un accordo attraverso il quale i soci di una società, o anche solo alcuni di essi, regolano alcuni aspetti del rapporto societario, derogando o integrando quanto previsto all’interno dello statuto sociale.

Tale strumento è disciplinato dagli artt. 2341-bis e 2341-ter c.c.

I patti parasociali hanno durata limitata e sono efficaci soltanto nei confronti di coloro che li sottoscrivono. Pertanto, il socio inadempiente sarà tenuto a risarcire i danni cagionati alle altre parti dell’accordo, a causa del proprio inadempimento, ma gli atti da lui compiuti resteranno validi nei confronti della società e dei terzi.

In base all’art. 2341-bis c.c., si possono distinguere diverse tipologie di patti:

i sindacati che “hanno per oggetto l’esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano”, c.d. sindacato di voto;

gli accordi che “pongono dei limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano”, i c.d. sindacati di blocco.

i c.d. sindacati di concertazione, ovvero gli accordi che “hanno per oggetto o per effetto l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante sulla società”.

PATTI DI FAMIGLIA

Il “Patto di famiglia”, come definito dall’art 768-bis c.c., “è il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, a uno o più discendenti”.

Le imprese di matrice familiare si sono, da sempre, dovute confrontare con il “Divieto dei patti successori”, il quale comportava l’impossibilità giuridica per l’imprenditore di attribuire l’azienda o le partecipazioni sociali ad uno o più discendenti, a scapito degli altri.
Con l’introduzione del “Patto di famiglia” si è voluta riconoscere e tutelare l’esigenza di pianificare la successione dell’impresa, per evitare che altri legittimari possano vantare dei diritti sul patrimonio aziendale trasferito, al momento dell’apertura della successione.
La finalità dell’istituto in oggetto è quella di mettere a disposizione degli imprenditori uno strumento utile a consentire il passaggio generazionale dei beni produttivi, sia nel rispetto della continuità aziendale, sia nel rispetto dei diritti dei legittimari.

LE FONDAZIONI

Le fondazioni, disciplinate dagli articoli 14 e ss. del Codice Civile, rappresentano un soggetto giuridico predisposto per la destinazione di un patrimonio ad un determinato scopo di pubblica utilità.

La fondazione si costituisce con negozio unilaterale mediante il quale uno o più fondatori destinano un complesso di beni ad un determinato scopo, normalmente di assistenza, beneficenza, culturale, a vantaggio di persone non preventivamente determinate,

Lo scopo fissato dal fondatore, e perseguito dalla fondazione, deve avere carattere non lucrativo. Il perseguimento dello scopo deve essere condotto in via prevalente, ma la fondazione può svolgere anche attività economica, a condizione che sia secondaria rispetto all’attività istituzionale e che si rispetti il principio della non distribuzione degli utili conseguiti, i quali devono essere reimpiegati per le finalità della fondazione stessa.

Nel contesto italiano le fondazioni sono considerate, da sempre, un mezzo di impegno sociale, piuttosto che uno strumento per la gestione imprenditoriale. In realtà, l’istituto in questione, può essere utilizzato anche nel contesto del passaggio generazione, poiché attraverso tale strumento l’imprenditore, nel rispetto della legittima, può attribuire determinati beni a scopi ben precisi, che abbiano un’utilità sociale: ad esempio, percorsi educativi, culturali e religiosi, o il mantenimento di determinati componenti della famiglia.

Si pensi, ad esempio, al caso di un imprenditore appassionato di arte: mediante l’istituto della fondazione, esso può tutelare il proprio patrimonio artistico, scindendo quest’ultimo dai beni destinati alla sussistenza dei propri eredi.

LA HOLDING COMPANY

La holding company si configura come una società che possiede azioni o quote di altre società, al fine di esercitare un’attività di gestione sulle altre entità giuridiche, attraverso la detenzione di partecipazioni di controllo e la nomina dei consiglieri di amministrazione delle stesse.

Esistono diverse tipologie di holding:

Holding finanziaria, ovvero una società il cui oggetto sociale si limita alla detenzione di partecipazioni e di finanziamenti in altre società, senza svolgere alcuna attività produttiva o commerciale;

Holding operativa, o holding mista, nella quale vengono svolte contemporaneamente sia attività di holding che attività produttiva;

Holding capogruppo, la quale possiede azioni o quote di altre società, in quantità sufficiente per esercitare un’influenza dominante sulla loro amministrazione (può essere una holding operativa o una holding finanziaria);

Holding di famiglia, ossia una holding controllata dai componenti di una famiglia.

La funzione principale attribuita alle holding è quella di controllo ma, in alcuni casi, può anche servire a favorire l’espansione verso diverse aree di business.

USUFRUTTO E NUDA PROPRIETA’

L’usufrutto è un diritto reale che attribuisce al titolare (usufruttuario) il diritto di godere di una cosa che appartiene ad un’altra persona (nudo proprietario), a patto che ne rispetti la destinazione economica ed eviti impieghi che ne comportino una modifica.

Come previsto dall’art. 979 c.c ., l’usufrutto può durare fino a trent’anni, se costituito a favore di una persona giuridica; fino alla morte dell’usufruttuario, se costituito a favore di una persona fisica. L’usufrutto può avere ad oggetto beni mobili o immobili; può essere costituito a titolo oneroso o a titolo gratuito, a favore di più persone disgiuntamente o congiuntamente.

L’usufrutto è un diritto che non può essere trasmesso mortis causa: la morte dell’usufruttuario determina l’estinzione del diritto, anche se non è ancora scaduto il termine dell’usufrutto fissato nell’atto costitutivo dello stesso. L’estinzione dell’usufrutto comporta l’automatica ricomposizione, in capo al nudo proprietario, del pieno ed esclusivo diritto di godere e disporre del bene prima oggetto di usufrutto. Il classico esempio è quello dei genitori che cedono la nuda proprietà di uno o più immobili ai propri figli. I genitori, in quanto usufruttuari, hanno il diritto di utilizzare tali immobili per tutta la loro vita, avendo la certezza che, alla loro morte, diverranno di piena proprietà dei figli ai quali la nuda proprietà è stata trasferita.

STRUMENTI FINANZIARI PARTECIPATIVI

Gli strumenti finanziari partecipativi vengono disciplinati all’ultimo comma dell’art. 2346 c.c., il quale consente alle società per azioni di emettere a favore di soci o terzi, a fronte di un determinato apporto, strumenti finanziari dotati di “diritti patrimoniali o anche amministrativi”. L’apporto dei soci o dei terzi deve consistere in una contribuzione a titolo definitivo, senza obbligo di restituzione da parte della società, eseguito anche sotto forma di opere o servizi.

Per quanto riguarda i diritti amministrativi, lo statuto può riconoscere ai sottoscrittori di strumenti finanziari una serie di diritti normalmente attribuiti ai soci, come ad esempio il diritto di partecipare e intervenire all’assemblea dei soci, impugnare le deliberazioni invalide, ispezionare i libri contabili, ricevere il rendiconto di periodo, nominare un componente indipendente del consiglio di amministrazione, nominare un componente del comitato di sorveglianza o nominare un membro del consiglio sindacale.

VINCOLO DI DESTINAZIONE

L’atto di destinazione, disciplinato dal recente art. 2645-ter c.c., permette di costituire, mediante apposizione di un vincolo, patrimoni destinati alla realizzazione di “interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche”. Un soggetto, detto conferente, può sottrarre uno o più beni, appartenenti al suo patrimonio, alla garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c., sottoponendoli ad un vincolo di destinazione funzionale al soddisfacimento di interessi meritevoli di tutela riguardanti beneficiari determinati, a favore dei quali devono essere impiegati tali beni e i loro frutti. L’art. 2645-ter c.c. prevede un vincolo di destinazione “atipico”, in quanto gli scopi non sono predeterminati dal legislatore ma rimessi all’autonomia privata. In merito all’oggetto del vincolo di destinazione, la norma fa riferimento ai soli beni immobili e beni mobili iscritti nei pubblici registri. La meritevolezza degli interessi, alla cui realizzazione è destinato il vincolo, costituisce l’unico limite, imposto al conferente, per la scelta dello scopo. La valutazione deve essere effettuata caso per caso: non si richiede il perseguimento di obiettivi di utilità sociale, ma occorre comunque valutare se lo scopo è lecito e non futile.

MANDATO FIDUCIARIO

Il mandato fiduciario è un contratto con il quale un soggetto, fiduciario, viene investito da un altro soggetto, fiduciante, di una posizione reale, opponibile ai terzi ma limitata, nei rapporti interni, dall’assunzione di un’obbligazione del fiduciario nei confronti del fiduciante.

Con il mandato fiduciario, il fiduciante trasferisce uno o più beni al fiduciario per conferire a quest’ultimo l’incarico di amministrare i beni secondo le sue direttive, oppure di trasferire l’incarico ad un altro soggetto indicato dal fiduciante, o di restituire i beni al fiduciante sulla base di una sua semplice richiesta.

Il mandato fiduciario rappresenta, ancora oggi, uno strumento giuridico in grado di offrire un’adeguata e corretta amministrazione dei beni, ma anche un elevato grado di riservatezza.

L’istituto in esame, infatti, mantiene riservata l’effettiva proprietà dei beni e consente al fiduciario di porre in essere, a nome proprio, per conto del fiduciante, molteplici attività.